Il remake di "I magnifici sette" è il risultato della sua fusione inclusiva

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Anonim

Il remake di Antoine Fuqua di I magnifici sette Venerdi 'nei teatri di venerdì, e anche se il pubblico non chiedeva a gran voce una versione aggiornata del classico del 1960 (che era di per sé un remake del capolavoro del 1954 di Akira Kurosawa Sette samurai), questo non significa che non valga la pena di provarlo ora che è qui.

La cosa più importante su Magnifico sette è che non devi aver visto il film di Sturges per goderselo. Denzel Washington ha anche accennato alla conferenza stampa per la première del film del Toronto International Film Festival che non aveva nemmeno visto l'originale, perché non ha avuto alcun impatto sulla sua performance; il suo personaggio è molto diverso da quello interpretato da Yul Brynner, il protagonista della versione del 1960.

La storia, piena fino all'orlo di tropici occidentali, vede una sventurata città di innocenti terrorizzata da un vile industriale di nome Bartholomew Bogue (Peter Sarsgaard). Una donna risoluta (Haley Bennett), vedova dei mercenari di Bogue, ritiene opportuno vendicarsi raggruppando un gruppo di sette fuorilegge, guidato dal nonsenso Sam Chisolm di Washington, per respingere Bogue ei suoi uomini quando tornano a prendere l'intero città per se stessi.

Oltre all'aura da uomo pistolero nero di Chisolm, c'è un giocatore d'azzardo carismatico (Chris Pratt), un ex cecchino confederato con problemi di identità (Ethan Hawke), un anziano cacciatore che si è rivolto alla religione per pentirsi per i suoi peccati (Vincent D'Onofrio), un assassino che chiama colpi con il tiratore scelto (Bying-hun Lee), un cowboy messicano (Manuel Garcia-Rulfo) e un guerriero Comanche bandito (Martin Sensmeier).

È un sacchetto gloriosamente misto.

Ci sono un sacco di cavalli, sei tiratori e cappelli da dieci galloni da girare, e Fuqua vuole così. Deve essere un semplice intrattenimento, dopotutto. Ma cosa rende Magnifico sette vitale adesso è il modo in cui mostra deferenza alle precedenti incarnazioni della storia mentre cerca di aggiornarsi per i gusti contemporanei.

Il genere occidentale è un territorio vantato nel cinema americano - punteggiato da indiscutibili contributi di maestri come John Ford, Howard Hawks, Sturges e altri - ma Fuqua's Ragione d'essere con Magnifico sette è cercare di ripristinare una comprensione inclusiva e multirazziale di quella mitologia americana. Lo fa creando un cast diverso e concentrandosi su temi come aiutare il prossimo e l'altruismo.

Un cast perfettamente assemblato in questi giorni si rivolge spesso deliberatamente a un vasto pubblico mirato - e questo film non fa certo eccezione - ma questi attori si adattano perfettamente alle loro parti. La battuta tra Hawke e Lee, il rapporto di D'Onofrio, l'incessante quantità di fascino di Pratt, il comando dello schermo da parte di Washington - tutto questo si adatta perfettamente a quel fattore di chimica intangibile.

I magnifici sette non è affatto un classico, ma almeno sta cercando di reinventarne uno. Riproduce dritto il genere occidentale, e con questa tecnica cancella quello che altrimenti sarebbe stato fuori dettaglio. Mostra a un pubblico del 2016 se stessi in un genere consolidato e calante come mai visto prima. È, in una parola, magnifico.

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